Volontà vs Fato: Il delitto di Lord Arthur Savile
Nel 1887, Oscar Wilde scrisse Il delitto di Lord Arthur Savile (Mattioli 1885, 2012) un titolo che sarebbe più automatico attribuire a Conan Doyle o Agatha Christie. In questo breve scritto, Wilde getta le fondamenta di quella che sarà forse la sua opera più conosciuta e letta, Il ritratto di Dorian Gray, del 1890. La trama del racconto è piuttosto semplice: Arthur Savile è ospite a un ricevimento organizzato presso la dimora di Lady Windermere. Presente all’evento è un chiromante che, durante la serata, predice il futuro agli ospiti. Quando arriva il turno di Lord Savile, il chiromante assume un’espressione di terrore e, in seguito, in forma privata, renderà partecipe il suo cliente della nefasta profezia: egli sarà autore di un omicidio. Lord Savile è spaventato, anche perché è prossimo al matrimonio con l’adorata fidanzata Sybil. Qual è la soluzione? Per prima cosa, rimandare le nozze. E poi trovare qualcuno da uccidere, in modo da realizzare la volontà del Fato ed essere finalmente libero di coronare il suo sogno d’amore. Riuscirà Lord Savile nel suo intento? A voi il piacere di scoprirlo.
In realtà, la soluzione dell’enigma è piuttosto lineare, nel senso che non ci sono particolari colpi di scena o misteri da risolvere. L’intento dell’autore è un altro: operare una riflessione sulla moralità e il suo essere posta in secondo piano rispetto al destino e, nel caso del successivo Dorian Gray, all’eterna giovinezza. Eppure, la morale tradita conduce sempre verso un’inevitabile rovina: Dorian Gray, dopo una vita di dissolutezze, decide di distruggere il suo ritratto, diventato specchio della sua anima corrotta, una visione che gli provoca rimorsi e paure.
Nel caso di Lord Savile, esiste un Fato – che assomiglia alla Pizia o a Tiresia, venerati nella civiltà greca forse più degli Dei stessi -, che deve trovare, a tutti i costi, pieno compimento: non importa se la morale degli uomini e la loro volontà devono essere piegate ai disegni del destino. Ne è assolutamente convinto il protagonista, freddo e lucido fautore di piani omicidi messi in pratica con una certa arguzia e dei metodi alquanto elaborati (soprattutto nel caso dell’attentato alla vita della zia Clementina), che un possibile criminale potrebbe ben pensare di sperimentare, dal momento che non lasciano alcuna traccia e promettono un sicuro risultato.
Inoltre, Wilde sembra suggerirci che la felicità è preceduta, quasi sempre, da dolore, sacrifici e, nel caso di Lord Savile, da scelte radicali, profonde, che mettono a repentaglio la sua libertà personale, ma che comunque devono essere portate fino in fondo, sino alle estreme conseguenze. Questo racconto è un gioiellino di sessanta pagine, una rapida occhiata alla realtà inglese di fine Ottocento, a cui Wilde riserva il suo solito e inconfondibile sguardo cinico.
(di Elena Spadiliero)