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Sulle acque del Bopi

Luigi stilò una sua lista di reperti: Bertholletia excelsa, Capsicum baccatum, Ipè Tabebuia, Cariniana Pyriformis, due tipi di Chelidonia, Acer saccharum; e Chimaphila Umbellata, Manilkara Zapota, Flos Passionis; e poi licheni, muschi, piccole agavi, diverse orchidee e un coleottero titano dalle dimensioni stupefacenti che con le sue mandibole poteva tranquillamente spezzare una matita in due.
Si sentiva felice, forte e fiducioso. Intanto il callapo proseguiva dondolante e incerto il suo viaggio.

“La vegetazione è qui ancor più bella di quella dei luoghi passati; seguitano le sponde coperte di charos, e sugli alberi si vedono philodendron. S’incontra sulla sinistra lo sbocco del Torrente Evenay, che nasce poco lungi dal Cajones e più a valle, sulla destra, quello del Chaquiti, che nasce sulla Montagna di Arcopongo.
Alle 9 ant. circa arrivammo alla prima rapida d’importanza, una delle più pericolose del cammino, chiamata Ciaria. Ormeggiammo il callapo alla sponda sinistra, perché è necessario scaricarlo del tutto e trasportare le casse per via di terra entro il bosco, a valle della rapida. Si passa quel bosco, per un sentiero, si attraversa un ruscello chiamato pure Ciaria, dalle acque fresche e cristalline, e si arriva a una sponda, riparata da alte rocce a picco, mentre in faccia, sulla sponda destra, si rizza un colle alto, dalle ripide falde. Dopo aver trasportato le casse, i miei otto neofitos ritornarono per lo stesso sentiero al callapo vuoto, per passare la rapida. Io la vedevo benissimo dal punto ove mi trovavo, vicino alle casse. Il fiume, stretto in quel punto, si precipita per una breve pendente fra grosse pietre, che alzano ondate di spuma con un rumore fortissimo; la rapida non è molto lunga, ma è pericolosissima per le molte pietre, contro le quali può sfasciarsi il callapo. Dopo pochi minuti d’attesa, lo vidi giungere alla rapida, scomparire fra le onde, poi ricomparire, mentre i neofitos in piedi o inginocchiati, e gridando come fanno sempre quando attraversano un cattivo passo, lavoravano di pala a tutt’uomo per schivare le pietre; passate queste, il callapo entrò nell’ondata, che segue sempre ad una rapida, e venne finalmente ad accostarsi alla riva sulla quale io mi trovavo.
Il passaggio era stato felice; solo uno dei pali esterni, in un colpo contro una pietra, s’era un po’ aperto. Si accomodò alla meglio, ricaricammo il callapo e alle 10 e 1/4 circa ripartimmo.
La mia bandiera sventolava sempre sulle acque del Bopi. Il fiume continua a correre fra i colli; solo, quanto più si avanza, tanto più si presentano tratti di piano più o meno estesi, frapposti fra questi e il fiume.
Un piano di una certa estensione, sulla destra, è quello chiamato Signani, dove ci fermammo alquanto, perché i neofitos vollero scendere a terra per cercar banane, negli orti che esistono in quel luogo. Sboccano nel fiume, dalla destra, due ruscelli, chiamati l’uno Signani Grande e l’altro Signani Chico, cioè piccolo. Ripigliammo il cammino; su una sponda del fiume giaceva abbandonata una macchina di legno per spremere la canna da zucchero.
Alcuni anni or sono, Signani era popolato — come tutte le sponde di questo fiume — e poteva dirsi un emporio di china. Ancora oggi si può vedere un punto chiamato Puerto rico dove pure esisteva un villaggio di cascarilleros, i cercatori di china. ”

continuerà

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