Proust per bagnanti
Mi sono lasciato influenzare dal suggerimento che ad un certo punto propone proprio la voce narrante nel romanzo: ho affrontato la lettura nell’occasione, per me abbastanza rara in questo periodo, di una breve vacanza. Dunque credo di aver goduto del mio Proust per bagnanti nelle condizioni di spirito migliori.
Quest’opera è agile, malgrado sia contenuta in qualche scatola cinese che però si apre al momento giusto per proporre scenari umani imprevedibili. Intreccia destini alquanto diversi che si rivelano magicamente (o dolorosamente) segnati da un comune denominatore proustiano: il bisogno incomparabile di amore, soprattutto materno, e la rielaborazione del ricordo come eterno presente, in parte anche modificabile affettivamente.
Si srotolano tre vicende di donne e uomini determinati, al limite dell’autosufficienza generosa e a volte orgogliosamente sprezzante. Per motivazioni diverse, in modi imparagonabili, hanno varcato l’Oceano e sono approdati in Florida.
Come Rosa che si è fatta da sé, ha conquistato la propria posizione sociale di responsabile in un piccolo ristorante fast food: la modesta carriera professionale è del tutto sufficiente almeno ad anestetizzare un passato saturo di disamore. La sua è una storia che parte da lontano, da una Calabria che si rivela arcaica e amara, in cui gli istinti, anche quelli più sacri e naturali che legano i genitori ai propri figli, sono crudelmente sacrificati all’eterno bisogno di sbarcare il lunario. Qui si perde l’allegra fame di Arlecchino e appare un’indigenza tragica che fa regredire i sentimenti e li assopisce. Rosa viene letteralmente venduta ad una coppia di americani, scelta tra sette fratelli da un dito indice che ha la potenza di una canna di pistola puntata sul suo cuore di bimba inconsapevole. Ma non desidero togliere al lettore il piacere della continua scoperta che si nasconde dietro ogni pagina di questo romanzo originale, a volte sincopato come un buon pezzo jazz.
L’autore, Emanuele Pettener, giovane e brillante professore alla Florida Atlantic University di Boca Raton e italianissimo, conosce molto bene il volto di un’America accogliente, ma veloce e compresa nel suo spirito di continua conquista, anche individuale, così come sa riconoscere i caratteri di un’italianità che si vorrebbe passionale e mammona. Con indubbia onestà stravolge i luoghi comuni. L’Italia di Proust per bagnanti non è il Paese fondato sulla mamma o, almeno in questo caso, rifiuta lo stereotipo consolatorio matriarcale: eppure rimane un buco nero, uno strappo incolmabile.
Questa è letteratura di qualità: godibile ma raffinata, intelligente ma capace di trascinare il lettore in pagine avvincenti e spiazzanti. Su tutto si staglia una capacità descrittiva dell’ambiente Eden/Florida: lo si può vedere senza esserci mai entrati, è possibile aspirare il profumo dell’Oceano, lasciarsi trascinare nei gorghi abbacinanti dei colori violenti, osservare le iguane impigrite sugli alberi vicino a casa. E’ il regno della giovinezza che qui può durare fino alla morte per consunzione, più che per malattia riconosciuta.
Con la sua scrittura ricercata e sorprendente Pettener ci riporta a storie di italiani, recenti o consolidati emigrati, che in quell’Eden hanno trovato una seconda patria, ma l’hanno conquistata a prezzi altissimi. Sullo sfondo di una scena vivace che si dipana intorno allo stimolante ambiente universitario americano, compaiono come ectoplasmi madri spietate o indifferenti o troppo meschine per contare: donne forse incolpevoli che feriscono i propri figli. Eppure, quasi per legge naturale enigmatica questi figli coscienti e adulti non dimenticano mai le proprie madri inadatte. Si accontentano del proprio amore a senso unico. La connivente rielaborazione dei propri vissuti perde nei protagonisti del romanzo la virulenza dei ricordi disperati per assurgere a malinconica esperienza che vive nella speranza di un riscatto possibile: entriamo nel regno umanissimo del perdono. Ed anche il sogno americano, con le sue promesse alternative di realizzazione, contribuisce a lenire le angosce esistenziali.
(di Roberto Masiero)