Per la poesia, 1
La poesia ha dovuto troppo spesso scontare riserve, sospetti, rugginosi allori e anche irrisioni.
Innanzitutto il sospetto, o il certificato urlato, di inutilità.
Ebbene la poesia non ha ragione alcuna di presentarsi utile, perché è fuori del meccanismo vantaggio/svantaggio, è senza bilanci di convenienza in qualsivoglia commercio.
La poesia risponde solo a se stessa, e questo ha mosso una riserva, che ha nome di autoreferenzialità. Essendo assolutamente libera da qualsiasi vincolo, che non siano i suoi propri e diversi alfabeti, può riferirsi solo a sé, al proprio unico tempo. Non è compatibile con alcun schema esterno: resta altrove e sta qui.
La poesia è per natura spinta a essere diversa da se stessa, per non diventare pallida copia ripetuta; nessun suo tempo è mai prefissato; la sua certezza resta indefinita all’orlo del non-ancora-detto, istantanea proposta del mondo.
Esiste una storia della poesia, per chi la voglia leggere; non sarà tuttavia quella la guida di una nuova scrittura.
La poesia non ricopia con nuove parole, seppur affascinanti e ben scelte, il già vissuto. Cercherà di inventare la vita e come tutti sfiderà il fallimento.
Come la libertà, così impropriamente usata su troppe bandiere, la poesia non ha tanto bisogno di essere difesa quanto di essere inventata. Compresi altri alfabeti, articolate sintassi, subito negate se i sogni sono più avanti.
Fragili alchimie, gridi imbarazzati, tenui respiri, spazi interdetti, divieti invasivi, segreti sul punto di esplosione, letture sprezzate, acque senza specchio, domande sdegnate da risposte sempre in viaggio, arrivi non avvenuti per mancata partenza, silenzi infrangibili, passioni senza pegno, sangue disponibile. Felicità con parole. Suoni disarmonici di nuove adolescenze.
Questo e ben altro, molto altro, andrà enunciato per fronteggiare il riscatto richiesto dal tempo presente alla voce dei poeti.
Si potrà chiamare lotta di indipendenza — per singoli e per gruppi — l’invenzione di un linguaggio senza memoria di falsa scuola, sconcertanti esempi, lezioni insensate da pulpiti variegati.
Questo non può essere un manifesto, non ce n’è bisogno; però cerchiamo spunti per snidare i falsi.
(di Bruno Pompili)