O.G.M. in letteratura
Mi guardo sullo schermo che mi specchia, mi leggo, e non mi sono piaciuto. Qualcuno elabori un’altra scrittura, e la consumerò.
Confidenza d’Artista
Adesso dobbiamo guardare meglio, per sapere cosa e come leggiamo. Non dirò che c’è del male, o del veleno, dei rischi o delle pene. In un territorio di fatto senza leggi (eccetto il mercato) come si stabilirebbe mai una pena; e di base, e per scelta, la letteratura (l’arte) è il luogo primo della libertà.
Enunciata, così in esordio, qualche cautela, e riaffermato un principio, c’è una situazione che è bene analizzare. Ed è quella della narrazione, la sua storia, che si trova ad avere una recente e marcata linea di versante: “prima / dopo la televisione” («a.Tv» / «d.Tv»).
Se non abbiamo guardato bene, sembrerà una frase molto banale, e tempo perso è stato scriverla, leggerla, o averla pensata.
Tanto peggio se la colleghiamo, come conseguenza naturale, alla seguente affermazione: «Non si scrivono più romanzi ma sceneggiature». Questa sì, è sicuramente pesante.
Ultima cautela, per evitare malintesi o polemiche di qualche principio: qui non si sosterrà che il romanzo è morto o simili amenità; si vuole solo fare chiarezza, o iniziare una riflessione su di una condizione che sta dilagando, e non ne abbiamo afferrati adeguatamente i contorni né le coordinate né il senso storico quanto estetico.
… Evidenza estrema: E non c’è ragione di opporci, perché sarebbe un impegno inutile e perdente; soprattutto siamo di fronte a una evoluzione inarrestabile, che avrà un suo futuro e un giorno una sua ulteriore metamorfosi.
Ciò non mi toglie la curiosità di ragionarci sopra.
La causa prima di un cambiamento genetico del narrare risale a una modificazione dell’immaginario in formazione, avvenuta sotto l’influenza del cinema e della televisione: queste forme dell’educazione a vedere e ad ascoltare hanno sostituito l’esperienza della lettura.
Perché ciò non appaia del tutto banale, chi per età o per attenzione sensibile può rievocare il mondo che nasceva dalla parola letta o ascoltata (epoca: dagli anni Cinquanta del Novecento all’indietro) può anche valutarne la diversa strutturazione secondo la visione cinetelevisiva.
Chiedere testimonianze e informazioni sul “tempo della paro-la” e della sua scrittura «a.Tv»: è una buona cosa.
Con l’ascolto radiofonico, opere capitali della letteratura (E.A. Poe sta nella mia memoria di bambino, con storie di pirati, frammenti di Dumas, Verne e di Dostoevskij, ma i nomi qui veramente non contano) vivevano nella parola sonora, o leggendo, nella parola segnata, incisa sui fogli. In un modo o nell’altro aveva un peso impressionante; sollevava immagini di un mondo di cui non si aveva esperienza se non da disegni o fotografie.
Erano moltiplicatori che organizzavano l’immaginario, in una libertà e autonomia individuale senza confini, né censure, alibi o costrizioni. C’era una vita dell’immaginazione impastata di parola, la “farina primitiva” (così come si dice nelle scienze naturali “il brodo primordiale”).
Quella parola andrebbe rimodellata, rivissuta, autenticata nel-la memoria e nelle relazioni vitali oltre che espositive, se parliamo di narrativa.
«D.Tv»
L’immaginario si è organizzato, in modo naturale quanto inevitabile, in automatico, a partire da immagini visive, con ritmi e articolazioni espositive, rappresentative (quando scelga di manifestarsi in forme narrative) tali da condizionare la scrittura loro corrispondente, o il raccontare su carta.
È certamente sciocco dire che il romanzo non è più quello di una volta (il che è vero “per natura”), ma è certo che la scrittura ora funziona in modo diverso, molto diverso. Curiosamente (per dire: stranamente), questo tende oggi a essere vero anche per quanti non abbiano avuto un rapporto formativo dominato dalle immagini.
Sono sempre più frequenti le dichiarazioni degli autori&romanzieri che «sì, è vero» hanno scritto già pensando a una trasposizione filmico-televisiva. Questo è ormai un cliché editoriale.
Con la dominanza di un immaginario organizzato per immagini ordinate e finalizzate, le primissime componenti tecnico-scrittorie che hanno subìto modificazioni, o metamorfosi, sono naturalmente le descrizioni, la gestione degli spostamenti, i tempi di sviluppo di una trama, i dialoghi, i punti di vista e di osservazione dei personaggi e dell’Autore (quando non coincidente).
Sia detto per inciso: l’effetto montaggio e il piano sequenza già erano presenti, con nomi diversi o senza nome, nella narrativa ottocentesca.
L’immaginazione compositiva risulta geneticamente modificata, il supporto verbale indebolito, i tempi di attenzione abbreviati. Sembra ormai così esangue e maltrattata la parola, tanto da non produrre suggestioni e formazione di un immaginario plurivalente, del quale si dovrebbe avere diritto.
Non si potrà chiedere a nessuno, perché contro natura, di scrivere un romanzo vecchio; anzi, aspetto con curiosità un nuovo romanzo, ma non un’ulteriore sceneggiatura: per questa vado al cinema, o accendo l’inquietante compagna.
Per altro, la sceneggiatura, che è opera difficile e meritevole, un lavoro complesso, va messa al giusto posto: che non è nel narrare su supporto cartaceo.
In ogni caso, a mo’ di esercizio di attenzione estetica, narratologica e di esperienza autodidattica, siamo pregati di prestare la massima cautela verso i romanzi che nascono già pronti per la cinepresa.
Diventa anche difficile riconoscerli? Siamo tutti condizionati? Vediamo immagini e perdiamo parole?
Con gli OGM in questione è una partita aperta; bisogna conoscerne i meccanismi; in ogni caso ricordiamo che la scrittura è più ampia della letteratura, e sovente le si oppone.
Personalmente, se mai possa interessare, mi sento a un passo dall’autodenuncia (ci sono strane pieghe, forse compromessi, nelle mie narrazioni), ma non ne vedo la reale necessità. Meglio cercare liberamente.
Buon lavoro a tutti, ricordando che la famosa frase che stabiliva l’equivalenza “una immagine = mille parole” è diventato un inganno orientato.