Non è un manifesto, ma vediamo un momento
La scrittura narrante che si orienti e s’appoggi su vecchie storie, o su miti, non porta più oggi il segno di una debolezza dell’invenzione, quasi un marchio, né mi sembra passibile di condanna preventiva.
Rappresenta piuttosto il rifiuto di una corsa insensata a moltiplicare appendici su intrecci esauriti, a loro volta moltiplicatori di esigenze di consumo e di etichette.
Ogni volta che vedo un film o leggo un racconto finisco per trovarmi nella sgradevole situazione di già conoscere in anticipo le battute dei personaggi o lo sviluppo di una finzione, e quel che è peggio partendo da una base tanto piatta.
Non credo che sia più un risultato importante trovare trame quanto piuttosto altre scritture.
In scrittura, come in musica, e nelle arti, non esiste reato di variazione, solo può esserci un difetto di risultati. Occorre sempre molto lavoro; e mai facilitazioni, tanto meno per qualche passante occasionale.
Appendice impropria.
Oggi, 5 dicembre 2012, alle ore 13,15 una cronista televisiva ha annunciato che xy è stato ferito, etc. etc.; «lo hanno sparato a zk, davanti a una scuola…». Temo molto che un giorno o l’altro la stessa persona possa scrivere un romanzo, a successo garantito.
(Il post è di Bruno Pompili)