Magie a Ferrara
Roberta Marrelli, ferrarese, debutta a teatro all’età di otto anni con una compagnia centese e vi rimane fino ai dodici. Quando per mamma e papà diventa troppo faticoso portarla alle prove cinque volte la settimana, a malincuore rinuncia – ma il fuoco ormai è acceso. Giovinetta, s’iscrive a un corso di recitazione teatrale e cinematografica, e qui conosce Ivan Zuccon, montatore di Pupi Avati e regista di film horror. Ottiene sei ruoli importanti nei film di Zuccon e impara anche altri mestieri: assistente alla regia, segretaria di edizione, assistente alla continuity e produttore esecutivo.
A partire dal 1999, studia recitazione cinematografica a Roma in un corso tenuto da Giulio Scarpati e qui conosce Ermanno Olmi, che le assegna un ruolo in Centochiodi.
“Olmi è una persona molto intelligente, molto acuta, un uomo di una sensibilità e di uno spessore rarissimi da trovare. Mi sono accorta di piacergli da subito, in occasione del provino che egli stesso diresse. Anche lui mi piacque subito. Sul set Olmi è un regista molto attento ed esigente, ma non appena finisce l’azione ha un sorriso dolcissimo per tutti… E’ una sorta di nonno buono dal quale si può solo imparare. Ricordo che, terminate le riprese, mi fece molti complimenti per la mia interpretazione, e la cosa che mi diede ancor più piacere fu che mi richiamò per doppiare la mia voce (lavoro che solitamente assegna a doppiatori professionisti). Essere diretta da lui è stata una delle esperienze più belle ed emozionanti della mia vita”.
Ma nel corso di quegli anni c’è un’altra cosa che Roberta continua a fare:
“Per me stessa, nel tempo libero, o comunque ogni qual volta ne sentissi la necessità. Solo per il piacere di farlo. Scrivere. Fu mio marito ad insistere affinchè pubblicassi uno dei tanti racconti che custodivo gelosamente nei cassetti. Così, quasi per gioco, decisi di tentare”.
Ma le vie della pubblicazione sono ardue. Roberta contatta parecchie case editrici della sua città e di altre città italiane, le quali, puntualmente, reagiscono col silenzio. Poi…
“Avevo sentito parlare molto bene di Corbo Editore, una casa editrice ferrarese, così portai loro una copia del mio manoscritto (Melissa Wincher e l’ottagono divino) senza comunque nutrire nessun tipo di speranza. Ricordo ancora il giorno in cui l’editrice mi telefonò dicendo che il mio romanzo le era piaciuto molto. Da allora Corbo ha continuato a credere in me pubblicando tutti i miei lavori successivi: ovvero, Melissa Wincher e l’ottagono divino (2009) Tao Gia (2010) Melissa Wincher e le radure di Kozak (2012) fino al mio ultimo romanzo L’odore dei tigli di maggio che uscirà in libreria il prossimo 20 maggio.
Chi sono Roberta Marrelli e Melissa Wincher, e cosa le lega?
“Melissa e Roberta si assomigliano molto. Il personaggio di Melissa è stato creato pensando ad uno dei periodi della mia infanzia che più ho adorato. Il periodo che ogni anno, durante le festività natalizie, trascorrevo a casa dei miei nonni materni – che abitavano in un piccolissimo paese fiabesco arroccato sulle montagne. Un paesino incontaminato, puro, semplice, con tradizioni antiche che parevano destinate a rimanere immutate nel tempo. Il lato di Melissa che la vede spensierata, un po’ maldestra, distratta e impacciata, molto legata alla nonna materna e alle sue origini, mi appartiene totalmente. I poteri magici di cui è dotata la ragazza, atti a far sì che il mondo possa rimanere puro e incontaminato, fanno parte di uno dei miei sogni più intimi. Ogni qual volta rientravo nella mia città, dopo il breve periodo di vacanza, sognavo infatti di poterla trasformare in quel piccolo paesino dove il tempo sembrava essersi fermato e dove la gente pareva vivere in un’altra dimensione, molto più semplice e genuina”.
Lei ha una personalità artistica molteplice. Cosa, rispetto alle altre, le dà in più (o in meno) la scrittura?
“La scrittura completa, arricchisce e chiude perfettamente quell’indispensabile cerchio della mia vita dedicato all’arte. Trovarmi sul palcoscenico o davanti ad una telecamera mi permette di diventare ogni volta una persona diversa. Mi permette di calarmi completamente nei panni del personaggio richiesto dal regista e di dargli vita. Mi permette di rappresentare situazioni che non mi appartengono ma che diventano mie non appena si apre il sipario o non appena parte l’azione. Ma tutto ciò dura il tempo di una rappresentazione o di qualche posa. Poi torna tutto come prima. Scrivere è costruire giorno dopo giorno una vita parallela che può durare all’infinito. I personaggi dei miei libri infatti affollano la mia casa e non se ne vanno neppure dopo la parola fine. È come se esistessero realmente ed è come se io continuassi a vivere in quel mondo. Con loro. La cosa meravigliosa della scrittura è dare vita a situazioni, descrivere sensazioni e personaggi nei quali mi immedesimo e con i quali posso interagire quotidianamente”.
Perché il fantasy va così di moda e i lettori, oggi più che mai, ne sono così attratti?
“Credo sia il bisogno di evadere dalla realtà ciò che avvicina il lettore al genere fantasy. Viviamo in un mondo sempre più frenetico, problematico e delirante, ed arriva il momento in cui si ha bisogno di trovare una valvola di sfogo. Un momento in cui si ha bisogno di staccare la spina completamente lasciando spazio alla fantasia. Io per prima mi ritrovo spesso a fantasticare e mi rendo conto di doverlo fare per riuscire ad affrontare meglio le prove della vita”.
Il suo ultimo romanzo L’odore dei tigli di maggio, tuttavia, si discosta dal fantasy: Ferrara, la sua città, e il terremoto che l’ha colpita nel maggio scorso diventano i protagonisti: perché?
“Amo profondamente la mia città, ed era da parecchio tempo che pensavo di scrivere un romanzo ambientato proprio a Ferrara. L’intenzione era comunque quella di descriverla in una veste fantastica, magari con personaggi fiabeschi che potevano averla abitata nel medioevo o ancor prima. Il forte terremoto che ha colpito Ferrara e l’Emilia nel maggio scorso, però, ha segnato il mio animo in maniera così profonda e indelebile da farmi sentire la necessità immediata di parlare di ‘Lei’ e di ciò che insieme abbiamo vissuto. La necessità di parlare di tutto ciò che amo e che avrei potuto perdere in quei terribili e interminabili venti secondi”.
Come definirebbe i ferraresi e come sono cambiati, se sono cambiati, dopo il terremoto?
“Sono nata a Ferrara, è qui che ho sempre abitato ed i ferraresi sono parte di me e della mia vita. Il mio giudizio può suonare poco obiettivo ma, oggi più che mai, mi sento di poter dire, con orgoglio, ciò che ho sempre pensato dei miei concittadini e che, a causa o per merito del terremoto, si è reso visibile agli occhi di tutti. I ferraresi sono persone meravigliose. Coraggiose, caparbie, dotate di una grandissima umanità, e di un’ancor più grande forza di volontà. È gente che, dietro alla discrezione ed alla riservatezza, nasconde un cuore enorme. È gente che si rimbocca le maniche, che non si tira indietro mai e che fa quadrato quando ce n’è bisogno. È la mia gente. Non è cambiata dopo il terremoto, è rimasta splendida”.
(intervista e testo di Emanuele Pettener)