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L’enigma nel testo, 2

(Le doppie Illuminations di Rimbaud)

C’è un libro (Cosimo Amantonico, Atto dovuto. Rimbaud. Illuminazioni, Crav – B.A. Graphis, Bari 2011, che firmo insieme all’autore, per una introduzione e per la collaborazione maieutica nello sforzo di produrlo) che accende un problema sorprendente, del tutto inatteso.
Per molti anni ho visto Amantonico riempire foglietti e fogliettini con strani disegni, misteriose sottrazioni di lettere, anagrammi, costruzioni sempre meno ipotetiche di nuove frasi. Gradatamente mi ha poi messo a parte di una scoperta, mai timida ma circospetta e riservata. Mi ha detto più volte di non parlarne con nessuno, allora; e anche il giorno prima che uscisse il libro. Stava scardinando ciò che di comune si sa su Rimbaud. E si fatica a credergli, ma lui insiste organizzando prove su prove, e poi ti trovi coinvolto.

Dopo aver messo in luce anagrammi e altri giochi linguistici nella corrispondenza di Mallarmé (ora in appendice al suo corposo volume Metodo e poesia in Mallarmé, Crav – B.A. Graphis, Bari 2009), si è posto il problema se rendere pubblica anche la sua scoperta relativa a un secondo testo, criptato, o meglio radicato, nelle Illuminations di Rimbaud.
Il ragionamento finale è stato quello di valutare come un atto dovuto la scelta di esporre in dettaglio e in prove dimostrative la presenza di un testo secondo, soggiacente a quello noto che per ben oltre un secolo è stato oggetto di analisi critica, letteraria e storica. Quasi come trovando sotto un affresco un altro dipinto dello stesso artista, e in più, con un rapporto di relazione osmotica fra le due opere.

Un primo affioramento del testo criptato si è manifestato quasi casualmente (come nella migliore tradizione); poi è apparso evidente che c’era una logica, una frequenza, una costante; infine è emersa una realtà scritta, che andava identificata, e poi consolidata.
In tutto questo ho trovato naturale sostenere, e ne sono sempre convinto, la necessarietà della ricerca di Cosimo Amantonico, che non proveniva da una ipotesi di lettura interpretativa bensì dall’evidenza di una scrittura segreta infine messa in luce, in chiaro (come usa dire lui stesso).

Il primo scalino, alto, da affrontare, è stato l’inevitabile dubbio su di una possibile casualità. Di fronte a un anagramma relativo a un nome, a una breve frase, il sospetto che si tratti di una semplice seppur intrigante e addirittura involontaria coincidenza è tale da bloccare respiro e riflessione.
Un lavoro di calma certosina e di testarda consapevolezza ha portato a compimento la rilevazione che nelle Illuminazioni, così come le conosciamo, era stato presente fin dall’inizio altro reticolo di parole e segni, del tutto diverso dal testo storico, quello bibliograficamente trasmesso.

La decriptazione di Amantonico ha dato risultati verificati e controllabili per circa la metà della raccolta poetica, ponendo principi e percorsi utili per chi volesse continuare (nel caso, semmai tutto da verificare, che un testo diverso si trovi alla base dell’intera opera!) la ricerca che lui non è riuscito a illuminare fino in fondo, nella sua totalità.
La decriptazione ha dunque riguardato una parte significativa delle Illuminations, e il più delle volte per intero alcuni dei testi.
Il primo dubbio era dunque scomparso. Quando un poema in prosa, lungo e complesso come Après le déluge (è solo l’esempio più vistoso), diventa (o torna ad essere) altro, e nella forma recuperata risulta legato a eventi biografici, persone e fatti non detti ma noti, e il testo portato alla luce corrisponde infine per il 100% ai segni del testo storico, occorre allora aprire una riflessione diversa.

Nascono molti interrogativi, perfino sul metodo di scrittura realizzato dalla mente di Rimbaud, mentre si propone come poetica.
Infatti il nuovo testo ripristinato, o meglio il più vecchio testo, il palinsesto se così si può dire in questo caso, pone problemi che sembravano essere stati in buona parte risolti sia dal punto di vista storico sia da quello poetico e critico-letterario.
L’aspetto che Amantonico e io stesso abbiamo di concerto sottolineato con opportuna insistenza, è che il testo decriptato non sostituisce, né tanto meno annulla il precedente. Al contrario.

Le Illuminations di Rimbaud sono il risultato di una sua scelta e volontà poetiche, che hanno fatto di quella raccolta la pietra d’angolo della poesia moderna. Come avviene per ogni artista, l’elaborazione del testo finale è un intreccio convulso o lucido di molte evenienze e innumerevoli incontri di segni.
La straordinaria mente linguistica di Rimbaud, la sua naturale e studiata organizzazione di parole, hanno operato su di un doppio registro la definizione degli eventi e una nuova sintassi poetica.
Quanti si sono adoperati a illustrare, commentare, elucidare, interpretare le Illuminations, con sforzi e risultati spesso – ma non sempre – di grande rilievo e qualità, hanno ora la possibilità di confermare o correggere, arricchire o semplificare una lettura che sembra potersi proporre su basi diverse, anche inquietanti: ma da Rimbaud non ci si può mai aspettare la quiete.

Affidiamoci per un momento all’intuizione di Mallarmé, che aveva capito il lavoro nascosto della “cometa Rimbaud”, del suo produrre sismi come irridente divertissement.
Mallarmé l’aveva definito, in un medaglione critico: «ce passant considérable», anagramma sciolto anche in questo caso da Amantonico, in: «ce délabré n’est pas si con». [Per i non francofoni, una traduzione possibile: «questo scombinato non è mica stupido»].

(Bruno Pompili)

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