L’odore del sangue, un inno alla morte
È stato a lungo evidenziato il rapporto tra la stesura de L’odore del sangue e l’infarto che colpì il suo autore, Goffredo Parise, nell’estate del 1979. Un manoscritto redatto di getto (poi sigillato e chiuso in un cassetto fino al 1986), il cui titolo e argomento richiamano la malattia e l’odore dolciastro del sangue, che accompagneranno lo scrittore negli ultimi anni di vita.
Quella del protagonista, il Narratore, è un’ossessione, più che una malattia, per natura forse simile alle stesse ossessioni che tormentavano Parise e di cui l’intellettuale vicentino tentò di liberarsi tramite la scrittura.
Questo Narratore vive da oltre vent’anni un rapporto simbiotico con la moglie, Silvia. È una simbiosi particolare quella della coppia, poiché non c’è nulla di sessuale nel loro matrimonio (a eccezione di rari momenti), quanto piuttosto un’intesa platonica e mentale, che li porta ad allontanarsi fisicamente, rimanendo, comunque, in continuo contatto telefonico. Il Narratore, infatti, trascorre lunghi periodi in campagna, in una piccola frazione, dove ha conosciuto una ragazza di venticinque anni, di cui si è innamorato e con la quale intrattiene da alcuni anni una relazione. Eppure, l’affetto per Silvia rimane.
Un giorno, quest’ultima gli comunica di averlo tradito, a sua volta con qualcuno di più giovane: si tratta di un ragazzo di buona famiglia, virile e prepotente, con in testa idee fasciste. Ed è qui che scatta il surreale: poiché, sebbene il protagonista sia da anni infedele alla moglie, c’è qualcosa che lo turba nella relazione extraconiugale di Silvia.
Inizia, così, un gioco al massacro: il Narratore vuole sapere tutto della storia, ogni dettaglio, anche di natura sessuale. Da parte sua Silvia, da sempre dedita al marito più come un’amorevole madre che come una moglie, svela, in modo ancor più accentuato, la sua natura masochista. È chiaro che il tutto non può che finire in tragedia.
Come si è detto, L’odore del sangue possiede una forte componente autobiografica (ma pare che Parise sia rimasto colpito pure da un fatto di sangue successo a Bologna), legata all’aggravarsi delle condizioni di salute dell’autore. Da un punto di vista narrativo non accade nulla di particolare, tutta la vicenda si sviluppa intorno alle riflessioni del Narratore. Narratore che scompone, analizza ed indaga ogni più piccolo gesto e pensiero. L’odore del sangue è un romanzo in cui prevale senz’altro un punto di vista maschile, poiché tutto passa attraverso lo sguardo di un uomo, da una parte marito, che soffre per il tradimento della moglie e il suo essere costretto a condividerla con un altro, dall’altra medico, che cerca una risposta alle sue domande, nel tentativo di trovare un senso all’accaduto, liberandosi così dalle sue frustrazioni.
Al centro della trama c’è, da una parte, la gelosia, e dall’altra il sesso. Sesso concepito in modo negativo, come umiliazione (Silvia costretta a fare all’amore con il ragazzo davanti ai suoi amici e, in seguito, violentata a turno) e come sottomissione (Silvia che è disposta a tutto pur di soddisfare i desideri del suo amante), mentre è noto che, generalmente, Parise avesse nei confronti dell’argomento un atteggiamento ironico. Nell’introduzione al libro, lo scomparso Cesare Garboli si chiede cosa possa aver determinato un mutamento così radicale nei confronti del tema, tanto da esporlo in modo tanto tragico. Forse un’esperienza personale di Parise? Poco importa, dice il critico, perché L’odore del sangue è un testo che appartiene ormai alla storia della letteratura italiana, dove «c’è un inferno e un romanziere che lo racconta. Uno che si è trovato davanti la Gorgone e non ha chiuso gli occhi».
(di Elena Spadiliero)