L’ipocrisia inconsapevole e la letteratura

Forse il vizio umano più detestabile è l’ipocrisia. E gli ipocriti. Chiedete a chiunque: cosa detesti? L’ipocrisia. E gli ipocriti.
E poiché tutti detestano l’ipocrisia e gli ipocriti, e ciascuno è disposto a riconoscersi tutto tranne che ipocrita, ne consegue che o l’ipocrisia in realtà  non esiste o molti di noi sono ipocriti senza saperlo.
Perché c’è in realtà un vizio peggiore dell’ipocrisia, ed è l’ipocrisia inconsapevole.
L’ipocrita inconsapevole ci capita sempre sul cammino e talora lo riconosciamo allo specchio: debordante di sentimento, ostenta ciò che non prova e che non sa di non provare,  e ostentando riesce a credere di provare realmente ciò che non prova.

Chi ama, ama in silenzio, e dar espressione all’amore rischia di sciuparlo; ma è altresì vero che l’espressione sentimentale, in coloro che non sanno nulla ma credono di sapere tutto, precede il sentimento, ovvero lo crea e gli dà  forma. Colui che vi lecca il culo poiché ha bisogno di un favore, dicendovi quanto siete bravi, dopo un po’ si convince che siete bravi davvero, anche perché  sennò dovrebbe prendere atto d’essere un leccaculo.

Giornalisti televisivi dallo sguardo sofferente al talk-show di mezzogiorno, aspiranti miss il cui sogno è  farsi una famiglia, scrittori sprofondati in poltrone di velluto che piluccano olivette da un vassoio d’argento e picchiettano sui tasti la propria rabbia per le condizioni dei bimbi del terzo mondo, politici dallo sguardo austero e altre lavandaie – tutti ci credono a quello che dicono, a quello che scrivono.

C’è  però una fuga all’ipocrisia inconsapevole, nostra e degli altri, ed è la letteratura. Per fuggire alla tirannide del sentimentalismo, per cercare ancora la lucidità, bisogna leggersi  Cervantes, Shakespeare, Wilde, Proust, Svevo e via dicendo. C’è poco da fare. Non solo perché la bellezza e l’intelligenza sono la suprema consolazione per chi si sente tediato da sorrisi e lacrime inconsapevolmente fasulle, da slogan e da folle in delirio, da rockstar impegnate e da marce per la pace; ma perché la letteratura t’insegna l’umorismo che fa saltare tutto, che mette in gioco tutto, quello definito magistralmente da Pirandello e che non manca in nessun grande autore, sparendo d’incanto in quelli piccoli. Perché se decido d’essere ipocrita o leccaculo, voglio esserne cosciente fino in fondo, non riesco a tollerare l’idea di non rendermi conto che sto mentendo, per Dio, che sono un ipocrita – e non voglio essere ingannato da nessuno.

(di Emanuele Pettener, pubblicato su Vibrisse nel gennaio del 2006)

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