Il cianciare mi è insopportabile
Inizio dalla fine.
Nordest. Autostrada, 22 circa. Piove poco e basta mettere i tergicristalli a intermittenza.
L’auto è il mio spazio nel mondo, il mio involucro climatizzato, il mio riparo.
La radio trasmette la musica e i commenti di un reality musicale, una parentesi tesa alla distrazione, allo stare al mondo senza sentirne il peso, senza soppesarne la leggerezza.
Sto tornando a casa dopo la serata dedicata a David Maria Turoldo, e il cianciare mi è insopportabile.
Ci sono momenti in cui ciò che è, si distacca da ciò che è rappresentazione, messinscena, simulacro.
David Maria Turoldo stasera mi ha riportato a ciò che è essenza. E quello che non lo è, è superfluo. Il posto è in centro a Vicenza, aula francescana della chiesa di San Lorenzo. Lateralmente si accede alla saletta dell’evento, passando per il chiostro, che trasmette una quiete monacale.
Si fanno le prove col microfono, si accorda il violoncello, si attende che la sala, piano piano, si riempia. Eccoci, s’inizia.Gli otto invitati a leggere si alternano al leggio.
Mentre leggo, mentre ascolto gli altri, mentre il violoncello invade delicatamente l’aria, percepisco la forza delle parole, e vi sprofondo.
La stanchezza, l’inutilità, la superficie, l’apparenza, l’arroganza, la difesa, la personalità, l’indifferenza, svaniscono. Sono le parole, ipnotiche, profonde come un abisso, in cui ci si immerge, con cui si sale vertiginosamente, attraverso cui si gira vorticosamente, verso l’interiorità e l’universo, che sono la stessa cosa, che sono fatte della stessa materia, dello stesso nulla, impalpabile e concreto, indescrivibile e poetico. Turoldo è mio amico, perché umano, imperfetto, uomo.
Abbiamo le stesse incertezze, siamo coltivatori diretti di dubbi, e ci dividiamo solo su Dio: lui sa che c’è, io che non c’è. Ma sappiamo anche che ogni sapere è limitato, effimero, insufficiente.
E forse sappiamo che, nome a parte – Dio, universo, destino, spirito -, la profondità pretende rispetto, l’altezza richiede coraggio, l’amore vuole silenzio, la solitudine necessita l’altro. Dopo la lettura, convenevoli, e poi a mangiare insieme un panino.
L’aria è rilassata e complice.
Siamo contenti.
Salgo in auto dopo i saluti.
Piove poco e basta mettere i tergicristalli a intermittenza. L’auto è il mio spazio nel mondo, il mio involucro climatizzato, il mio riparo.
La radio trasmette la musica e i commenti di un reality musicale, una parentesi tesa alla distrazione, allo stare al mondo senza sentirne il peso, senza soppesarne la leggerezza.
Il cianciare mi è insopportabile.
Ci sono momenti in cui ciò che è, si distacca da ciò che è rappresentazione, messinscena, simulacro.