Freya e Vera, la forza delle donne
La Prima Guerra Mondiale (da notare il paradosso rappresentato dal genere femminile del termine!) fu un laboratorio che produsse veleni letali (non solo in senso figurato; pensiamo ai Gas) e al tempo stesso comportamenti esemplari. Questa dialettica è nella natura propria dell’esistenza, ad ogni livello, ma per il narratore che utilizza la scrittura come un’autentica macchina del tempo, la svolta epocale del 1914-1918, rappresenta un serbatoio inesauribile di possibilità espressive.
In questo clima è nato Freya e Vera, la forza delle donne. Scrivere di quelle scrittrici che scrissero di sé non è tentazione a cui è facile resistere, ma è stato soprattutto il temperamento delle due donne inglesi a suscitare negli autori un’ammirazione che non è mai venuta meno, mano a mano che l’indagine conoscitiva su Freya Stark e Vera Brittain procedeva.
In Italia si conosce poco di entrambe, di Vera Brittain in particolare, come dei diari della Stark, scritti durante i giorni della rotta di Caporetto nel 1917.
Ma c’è dell’altro al di là dell’ammirazione o degli elementi biografici e storiografici: è la freschezza descrittiva della giovane Freya in uno scenario di così alta drammaticità, attraverso una scrittura che possiede tonalità impressioniste, pur nella piena consapevolezza dei rischi mortali a cui si esponeva. E poi, quando compare, quella sua ironia ancora acerba che forse proprio per questo suscita un affetto sincero nei confronti di quell’instancabile crocerossina.
Di Vera Brittain, una delle prime pacifiste d’Europa, è l’emblematica, come per milioni di donne, la capacità di resistere ai laceranti dolori provocati dalla perdita dei cari affetti: il fidanzato, i migliori amici, l’adorato fratello, i giovani, sempre i giovani raggirati da false ideologie ai quali resta, quando riportano a casa la vita, solo un tragico disinganno. Unica donna capace di analizzare con lucidità e struggente sentimento quegli eventi, Vera continua ad essere un raro esempio di coerenza e onestà intellettuale ed esistenziale.
A noi autori l’arduo compito di farci orefici nell’incastonare questi due gioielli in una trama narrativa che vuol essere cornice a una parte dell’opera delle due grandi scrittrici europee.
(Andrea Vollman, Marco Crestani)