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Dino Campana, al telefono

Il mio vecchio amico, Bruno Briganti, eremita (vuol dire: senza i.pad, senza e-mail, né tablet tanto meno, telefono nell’ultima cabina davanti al bar – a volte lo alza lui, anche se non suona, giusto per avere un contatto col mondo sentendo un tu-tu-tu!), si era messo in testa di essere come Dino Campana; una somiglianza.
Gli indizi erano deboli, più che altro per sentito dire. Girare senza meta, anche molto lontano, qualche donna qua e là, impressionanti, carta penna calamaio, un amico tipografo, l’appennino che è una meraviglia e non c’entra niente con le alpi, essere un poco strano così ti dicono matto, e sintomi leggeri, la leggerezza come troppa disinvoltura, solitudine, pochi incontri con gente che non se lo meritava. Così nascono le identificazioni abusive.

Ma Bruno Briganti legge i libri (scrive anche bene). E ha capito che Dino Campana, fin’anche il suo mito, è un’altra cosa; una persona, e non si fanno paragoni; intanto uno che ha scritto poco ma è un grande.
Quello che non capiva, e spesso se lo ripete, è perché la sua vita risulti più importante della sua opera; ma piano piano ci è arrivato, ed è quello che noi tutti sappiamo.
Esce un nuovo (così così) libro di biografia campaniana, con litigi perché uno ne sa più di un altro, uno trucca i dadi, l’altro non lo sa ma lo dice egualmente, s’inventa documenti che ci sono ma non li ha visti, lo scrive bene e crede che sia sufficiente: tutto questo è buona cosa e sta nella media nazionale. Credo che in generale ciò voglia dire amare un poeta, e in parte sconfinare; pazienza, anche l’amore ha i suoi limiti: col tempo s’impara molto.
Ciò che fa inquietare Bruno Briganti è che nessuno più legga e illustri i Canti orfici, non perché la storia della vita del poeta non conti, ma l’opera fosse (!) almeno alla pari.
Perché cito e ricito il mio vecchio amico? perché ha letto il mio libro di saggi su Campana e i Canti, e ha scritto su un blog (è chiaro che l’ho fatto arrivare io) una pagina piena di affetto critico per il grande Dino, avendo capito, da eremita, come le cose non vadano bene nel nostro paese; gli specialisti sono troppo impegnati; neppure gli amici ti leggono, però c’è qualche sconosciuto che ti rintraccia e ti manda due righe (grazie!); i luoghi e i tempi delle Lettere sono ai margini dei convegni, in cui si parla del tempo meteorologico concorsuale.
E poi, alla fine, attenzione: Bruno Briganti ha ceduto (non che si sia fornito di apparecchiature, che non saprebbe usare) e mi ha fatto avere delle sue pagine (carta penna calamaio), sugli animali buoni/cattivi, sul fascino del ginocchio di Eva, sull’untore nella Peste, che sono state ospitate nello stesso luogo del suo Dino Campana; senza sapere esattamente cosa voglia dire blog, era molto contento.
Gliel’ho detto a quel telefono della cabina davanti all’unico bar del paese, che suona sempre a vuoto; ma quella sera passava di lì e mi ha risposto. Comunque, sa di non aver scritto i Canti orfici.

(Bruno Pompili)

 

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