Dentro i confini di Milano

Dentro i confini di Milano ci sono varie città.
Hanno limiti invisibili, segnati dai ricordi.
Certi tram sfiorano appena i loro perimetri, come la 61 che passa vicino a viale Montello.
Fra queste città ci sono zone neutre, che per il solo fatto di essere attraversate ogni giorno si stanno a loro volta riempiendo di ricordo.
Le mie città sono tre.
Quella del centro, in cui ho abitato nei primissimi tempi.
Quella a nord-ovest, dove abito ora.

E un vastissimo territorio intermedio, fatto di spostamenti continui e di provvisorie, spesso molto disagiate, sistemazioni.
In nessuno di questi luoghi mi sono mai sentita bene: se il bene è soprattutto una sensazione di aderenza a quello che ci circonda.
Ormai ho fatto l’abitudine a questo sentimento di estraneità che continuo a provare e mi chiedo solamente se tutti quelli che emigrano a Milano se lo trascinano, come me, per tanto tempo.

Milano è una città che fa paura anche ai suoi abitanti.
Conosco una milanese da generazioni che prova sgomento all’idea di allontanarsi dal suo quartiere.
Pur non essendo una città grandissima, le sue distanze suscitano disagio.
Alla città vivibile se ne sovrappone un’altra, fatta di un traffico che satura e che rende faticoso anche un percorso breve.
Penso al suo grigiore, ai muri “scialbati di tetraggine” come ha scritto magistralmente Gadda.
Penso alla sua fretta, che sembra una fuga mai risolta.
Penso questo mentre cammino isolata da tutti, come chiunque intorno
a me.
Troppi rumori. Troppi movimenti.
Troppo.

 

(di Michela Gusmeroli, tratto da Una sera dolcissima, Zona 2010)

 

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