Nei boschi gelidi
Camminare nei boschi gelidi, ancora senza foglie, può dare strane sensazioni. Gli alberi diventano neri quando il sole si leva alle loro spalle e sembrano forme incorporee simili a giganteschi elementi geometrici.
Mi fermo per prendere fiato, e mi guardo intorno. Scorgo qua e là i bassi capannoni in rovina della vecchia fabbrica d’esplosivi e i bianchi tetti in lamiera zincata delle casupole di spazzasuoni.
Oltrepasso i resti di un cancello crollato e scorgo una piccola radura dove c’è una capanna montata su una palizzata di legno che svetta sopra un piccolo mare di foglie secche. Più avanti c’è un libro appoggiato contro l’enorme radice di un tronco. Qualcuno sembra averlo dimenticato, mi dico. Stamattina, però, da queste parti non c’è anima viva. Mi chino verso destra per leggerne almeno il titolo. E’ il Diario di un imboscato di Attilio Frescura, un libro di cui ho sentito parlare, ma che non ho mai letto e forse per questo mi avvicino per sfogliarlo. Mi soffermo su una nota di Mario Rigoni Stern, che reputa illuminanti le pagine in cui Frescura documenta la ritirata di Caporetto.