La perfetta felicità
Un sabato mattina, mentre stavo per prendere la strada dei boschi, incontrai un vecchio signore con un paio di fitti baffi grigi e soffici capelli brizzolati. Mi chiese se conoscevo un agricoltore di origine tedesca che allevava capre e gli risposi che sapevo solo di un altoatesino con un caratteraccio e un piccolo allevamento di tacchini, ma di capre neanche l’ombra.
“Forse avrà venduto la casa…”, osservò l’uomo con aria pensosa.
“Sono sicuro abitasse da queste parti, ma, si sa, gli anni passano…”, disse ancora. Alzò le spalle e si incamminò verso l’auto con passo rigido.
Mentre guardavo quella sua strana andatura mi venne in mente che a casa mia, in primavera, ingrassavamo i piccoli delle capre per mangiarli. Solo che quando erano abbastanza grandi, ci affezionavamo e, assieme ai miei fratelli, pregavo mio padre di non ucciderli. Piangevamo e facevamo promesse, ma, niente da fare, lui li faceva fuori tutte le volte.