Quando non se ne può più, si cambia
Parlare de Gli indifferenti è come voler raccontare qualcosa di nuovo su I promessi sposi: anche del libro di Alberto Moravia è stato detto tutto, o quasi. Allora, perché ho deciso di scrivere un articolo – l’ennesimo – su un libro tanto popolare? Perché ci sono dei libri che ci cambiano la vita e a me questa cosa è successa solo in due occasioni: a venticinque anni con La morte della Pizia di Friedrich Dürrenmatt e a diciannove con il romanzo di Moravia, appunto. Più che le trame di questi libri – che, diciamocelo, libri scritti bene, con una bella storia alle spalle, ce ne sono molti –, a colpirmi sono state delle frasi, delle parole dette in un momento della mia vita in cui avevo bisogno di sentirmi dire esattamente determinate cose: «La verità resiste in quanto tale soltanto se non la si tormenta», da Dürrenmatt, quando avevo estremo bisogno di credere all’onestà della gente; e «Sai cosa si fa quando non se ne può più? Si cambia», da Gli indifferenti.
Il tema del “cambiamento”, la necessità di voltare pagina e reinventarsi, non è nuovo nella letteratura, così come al cinema o in altri ambiti. Cosa accade, quindi, quando non siamo soddisfatti della nostra vita, quando sentiamo che qualcosa non funziona, eppure per abitudine, paura, mancanza di risorse – o, semplicemente, di coraggio – rimaniamo legati a certi ambienti, persone, schemi mentali? Succede che ci riduciamo come gli indifferenti moraviani, ossia ci limitiamo a esistere, consapevoli della nostra inettitudine, eppure incapaci di porvi fine.